Cosa sono i certificati verdi, bianchi e neri e a cosa servono?

In Italia sono stati introdotti certificati ambientali per promuovere gli interventi di tutela dell’ambiente, la riduzione delle emissioni atmosferiche dannose e l’incremento di energia proveniente da fonti rinnovabili. L’obiettivo che si vuole perseguire con i certificati ambientali è educare a un comportamento responsabile che possa sortire effetti positivi e significativi sull’ambiente.

Certificato verde: cos’è e a cosa serve

Quando si parla di certificato verde si intende una forma di incentivazione per la produzione di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili. Nello specifico i gestori di impianti alimentati da energie rinnovabili, entrati in servizio dal dicembre del 2012, quando dimostrano di produrre energia sostenibile emettendo meno C02 degli impianti che utilizzano fonti tradizionali, ottengono i certificati verdi (CV) che possono rivendere alle imprese o alle industrie che non ottengono in maniera autonoma la quota di energia rinnovabile richiesta. Ecco che si crea un valore di mercato determinato dall’aumento o dalla diminuzione della richiesta di tali certificati.

Come ottenere il certificato verde

In Italia, a rilasciare i CV è il Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) attraverso il controllo della quantità dell’energia prodotta dagli impianti IAFR, cioè alimentati da fonti energetiche rinnovabili. Se la procedura di qualifica dell’impianto ha esito positivo, il GSE emette il certificato e assegna al produttore di energia un codice identificativo con cui viene attivato il conto proprietà che il produttore potrà consultare online per monitorare variazioni e cessioni. Si possono ottenere i certificati verdi se l’impianto ha una potenza nominale media annua non superiore a 1 MW e nel caso in cui l’impianto eolico abbia una potenza nominale media annua di 0,2 MW. I certificati verdi hanno la validità di tre anni. Quando non si è in possesso di nessuno di questi requisiti e non si è nelle condizioni di produrre energia elettrica pulita è possibile acquistare i certificati verdi dai produttori di energia verde.

I certificati bianchi: cosa sono esattamente?

Noti anche come Titoli di Efficienza Energetica (TEE), sono nati con l’incentivo a livello europeo contenuto nel pacchetto Clima-Energia 20-20-20. Nello specifico, questi sono gli obiettivi da raggiungere entro il 2020:

  • abbassare le emissioni di CO2 del 20%
  • portare al 20% la quota di energia prodotta da fonti energetiche rinnovabili
  • aumentare del 20% il risparmio energetico

Nel 2004 i TEE vengono introdotti in Italia e diventano dei titoli negoziabili con i quali si dimostra l’effettivo risparmio di energia prodotto. Il loro mercato di riferimento è la Borsa dei TEE che viene gestita dal Gestore del Mercato Elettrico (GME). Nel 2017 il valore dei TEE ha subito un’impennata tale che il prezzo medio è aumentato dell’80%; nel 2018 il prezzo medio è decollato ulteriormente.

I passi necessari per ottenere i certificati bianchi

I TEE si ottengono realizzando interventi o progetti che mirano all’incremento dell’efficienza energetica. Per ogni progetto o intervento è previsto un contributo economico. Le nuove normative fanno chiarezza sui tipi di interventi ammissibili per il rilascio dei certificati: riduzione dei consumi di energia elettrica, di gas naturale, di energia alternativa prodotta nel settore dei trasporti e in altri settori.

Delineato il tipo di progetto per il risparmio energetico lo si sottopone all’esame del GSE a cui spetta la gestione dell’iter per il rilascio dei certificati. La documentazione si invia tramite un sistema informatico e se il progetto viene ritenuto idoneo, il GSE dà l’ok al GME per l’emissione del certificato.

Certificati neri: di cosa si tratta?

I certificati neri sono stati introdotti in seguito al protocollo di Kyoto del 1997 con lo scopo di ridurre l’emissione di biossido di carbonio e di altri gas serra. Con la direttiva del 2003/87/CE si promuove la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra applicando criteri di efficienza economica e di efficacia dei costi. Per poter operare gli impianti devono disporre del permesso per l’emissione di gas serra e a fine anno devono emettere tanti certificati quante sono le emissioni prodotte nell’arco di un anno. Le imprese che hanno prodotto una quantità di anidride carbonica inferiore alla soglia consentita possono vendere la quota di emissione C02 non utilizzata alle aziende che non riescono a rispettare l’obbligo. Nel 2017 c’è stato il boom dei certificati neri: ne sono stati emessi 95 milioni.

Protocollo di Kyoto: cos’è e cosa sancisce

Il Protocollo di Kyoto è l’accordo internazionale nato per contrastare il riscaldamento climatico ed è stato sottoscritto l’11 settembre del 1997 durante la conferenza di Kyoto. Per entrare in vigore occorreva la ratifica di 55 Nazioni, soltanto il 16 febbraio 2015 con la sottoscrizione della Russia si raggiunse l’obiettivo.

Il Paese che riesce a ridurre una percentuale di emissioni più alta di quella richiesta può vendere la quota in eccesso al Paese che non riesce a raggiungere tale quota. Quando però non vengono restituite le quote di emissioni negative in eccesso, al gestore dell’impianto verrà comminata una sanzione. Il Protocollo di Kyoto può essere visto come il primo passo responsabile per affrontare il problema dei cambiamenti climatici e gettare le basi per futuri accordi internazionali.

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